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Professore ordinario nel dipartimento economia dell'Università degli Studi di Genova e coordinatore del dottorato di ricerca in “Logistica e Trasporti”.

Claudio Ferrari

Qual è attualmente il ruolo dei porti liguri nel panorama del commercio nazionale e internazionale?

“Ovviamente non parliamo di una rilevanza solamente nazionale. Nonostante appartengano ad autorità di sistema portuale differenti, se immaginiamo di unire i porti liguri come un sistema portuale unico parleremmo del principale sistema portuale nazionale. Se andiamo a considerare il flusso di traffico, Trieste è lo scalo che movimenta il maggiore quantitativo di tonnellate in Italia, però una parte consistente di quel traffico è costituito da rinfuse liquide, che rispetto alle altre categorie di merce presentano minori - ma non certo nulle - ricadute sulla città portuale. Se effettivamente escludiamo dunque le rinfuse liquide allora sì, Genova è il principale porto italiano, se poi lo si considera unitamente a Savona e La Spezia a maggior ragione

Dal punto di vista dell’efficienza delle banchine ormai possiamo dire che i porti italiani hanno gli stessi livelli di efficienza dei principali competitors europei e mondiali, anche se questi ultimi possono avvantaggiarsi di maggiori economie di scala. Questo lo dimostra anche il fatto che molti dei nostri terminal sono in realtà gestiti da compagnie internazionali come PSA International (Port of Singapore Authority), APM Terminal, MSC.”

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Quali sono secondo lei le sfide principali che i porti liguri affrontano nel mantenere la loro competitività nel contesto marittimo?

“Il limite forse più importante dei nostri porti è quello delle infrastrutture perché la struttura delle nostre infrastrutture, le loro capacità e i limiti che queste hanno fanno sì che i nostri porti di fatto servano un’area che all’incirca copre poco l’intero nord-ovest e parzialmente il nord-est del paese, con solo qualche punta che supera le Alpi. Tendenzialmente però se i nostri porti potessero usufruire di infrastrutture più efficienti, con una maggiore capacità, sicuramente potrebbero servire meglio l’Austria, la Svizzera, la Baviera e senza dubbio anche la Francia.

La competitività è limitata ad oggi dalle infrastrutture, ma non solo. L’altro elemento che limita i porti italiani è l’economia del paese perché, se escludiamo il traffico passeggeri, il traffico merci cresce nella misura in cui cresce l’economia dell’hinterland servito. Quindi un paese che cresce poco non ci si può attendere che abbia dei movimenti record di merci, se non andando a servire zone sempre più ampie, ma a questo punto torniamo al primo problema: le infrastrutture.

Su questi traffici, soprattutto su quelli internazionali, è sempre più evidente il ruolo della geopolitica. Lo vediamo essenzialmente nel caso delle rinfuse energetiche, dal petrolio al gas. Pensiamo a quello che sta succedendo in queste ultime settimane, con le principali compagnie marittime europee che stanno evitando il Canale di Suez per evitare attacchi alle proprie navi, per servizi che vanno dal Far East al nord Europa questo fatto può voler dire by-passare il Mediterraneo. Quindi, per noi, avere una situazione pacifica in medio oriente può fare la differenza, soprattutto se puntiamo su traffici che collegano l’Europa con il Far East e quindi che passano necessariamente da Suez. Lo stesso se pensiamo a quella che poteva essere l’ipotesi di entrare nella Via della Seta cinese con tutti i suoi possibili rischi. Queste sono scelte di politica estera fondamentalmente che poi hanno un

impatto anche sul traffico internazionale di merci, e quindi un impatto sulla portualità. In questo senso sarebbe utile dal punto di vista delle autorità portuali e degli operatori diversificare quanto più le rotte servite perché ovviamente diversificare significa ridurre il rischio e la dipendenza, e cosa questo significhi lo abbiamo visto con il petrolio e il gas russo per esempio.”

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Come la regione sta affrontando la necessità di rinnovare e migliorare le proprie infrastrutture portuali per soddisfare le esigenze del commercio moderno?

 

“Ci sono due tipi di interventi che si stanno facendo. I primi sono gli interventi di lungo periodo che necessariamente implicano un incremento nella capacità infrastrutturale. Però, contemporaneamente troviamo interventi di breve/medio periodo che sono altrettanto importanti e che possono riguardare un miglioramento tecnologico delle infrastrutture. Con riferimento ai porti una cosa che in parte è stata fatta è la digitalizzazione dei varchi portuali. Può sembrare una cosa relativamente semplice o con un impatto in termini di investimenti sicuramente meno costoso rispetto alle proposte a lungo termine, ma indubbiamente la possibilità di snellire l’ingresso dei camion nel porto e l’uscita degli stessi può avere impatti anche importanti sul porto e sulla viabilità cittadina. Consideriamo che ogni giorno sono migliaia i mezzi pesanti che entrano ed escono dal porto e anche solo ridurre i tempi di attesa ha un impatto anche in termini ambientali. Infatti, i mezzi emettono CO2 quando rimangono in attesa con il motore acceso, oltre a consumare gasolio e benzina. Se pensiamo quindi anche solo ad un paio di minuti per ogni mezzo e li moltiplichiamo per ogni mezzo, giorno e anno, l’impatto è sicuramente significativo.

L’altra operazione che si sta portando avanti è l’elettrificazione dei binari in banchina il che significa rendere possibile la formazione del treno direttamente nel terminal anziché dover comporre il treno nel terminal con una motrice diesel (non essendo ancora elettrificato) e in seguito portato nel parco ferroviario dove si attacca la motrice elettrica e si fa partire il treno. Si elimina una operazione di terminale e si rende più semplice la composizione del treno.

Nonostante siano interventi che comportano esborso monetario relativamente contenuto, non sono da sottovalutare poiché comportano comunque un vantaggio quasi immediato.

Bisognerebbe quindi gestire gli uni e gli altri, non aspettare semplicemente la nuova capacità infrastrutturale perché il rischio è di attendere troppo dato che questi interventi comportano sempre anni prima che vengano realizzati, ma accompagnare questi grandi progetti con altri interventi che garantiscono, sì minori interventi di capacità, ma che si possono conseguire in tempi molto più rapidi.”

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